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TERAMO – Finisce sul tavolo della procura della Repubblica di Teramo il caso dello sfratto del capoclan dei Rom giuliesi Achille Di Rocco, 56 anni, dalla casa popolare del quartiere Annunziata di Giulianova, da parte dell’amministrazione comunale locale. Una denuncia per discriminazione razziale è stata infatti presentata dal legale dello zingaro, un personaggio storico nella comunità giuliese. Nel suo esposto, descrivendosi vittima di una sorta di ‘apartheid’, sottolinea «un’azione politica condotta dall’Amministrazione del Comune di Giulianova, che sembra decisa a voler ‘risolvere’ il problema dell’integrazione tra la ‘popolazione’ e i ‘rom stanziali’, tramite lo ‘spostamento’ di questi dalle case popolari». La polemica nasce infatti dallo sfratto che la famiglia rom (tra i cui componenti ci sono anche una invalida ultraottantenne e un ragazzo di 10 anni), ha subito dal sindaco, sulla base di una condanna subita anni addietro dalla moglie del capoclan, successivamente annullata in un processo di revisione della causa. Sullo sfratto esiste un contenzioso civile con il Comune di Giulianova ma Di Rocco ritiene che «un normale procedimento amministrativo volto a verificare la sussistenza dei presupposti per un’eventuale decisione di revoca dell’assegnazione di un alloggio popolare, è stato presentato come un’iniziativa politica, ‘spettacolarizzata’  tramite un’inusuale e martellante ricorso alla stampa». Tutto questo, inserito nel contesto "caldo" di una comunità, quella giuliese, che ha registrato episodi di intolleranza verso gli zingari, fomentati dai residenti del quartiere Annunziata e sui quali, sostiene sempre Di Rocco, «il sindaco Mastromauro non solo non ha ritenuto di esprimere alcuna parola di condanna o solidarietà con l’aggredito, ma si è addiruttura adoperato per una soluzione che prevede lo ‘spostamento’ della famiglia rom non gradita alla popolazione, così contribuendo ad alimenatare un clima di odio razziale contro i rom». Il Comune aveva individuato per loro una sistemazione temporanea in albergo, dal quale, sempre secondo quanto riferito da Di Rocco nella sua denuncia alla magistratura, sono stati "sfrattati" poco giorni dopo, costringendoli a vivere in un camper.